Dreyfus
L’antisemitismo e la ragion di stato contro un piccolo capitano ebreo
Autore/i: Coen Fausto
Editore: Arnoldo Mondadori Editore
prima edizione.
pp. 294, nn. tavv. b/n f.t., Milano
Nell’ottobre 1894, a Parigi, il capitano Alfred Dreyfus, senza alcuna prova e per il solo fatto di essere ebreo, venne arrestato sotto l’accusa infamante di spionaggio a favore della Germania. Incominciò così il caso giudiziario più drammatico e appassionante della storia francese e forse europea, che soltanto dopo dodici anni di depistaggi, trame, attentati, scandali, scoop giornalistici e crisi politiche, si risolverà con la piena riabilitazione di Dreyfus.
La società politica – in una Francia che non aveva ancora accettato la sconfitta militare inflittale da Bismarck e che era divisa da fratture irriducibili: monarchici contro repubblicani, cattolici contro laici, militari contro intellettuali – si spaccò nettamente in due fazioni, che si affrontarono in una battaglia ideologica senza esclusione di colpi.
Fin dall’inizio fu chiaro a qualunque osservatore imparziale che Dreyfus, ufficiale irreprensibile e devoto alla patria, era assolutamente innocente. Tuttavia il tribunale militare, manipolato dalle alte gerarchie dell’esercito e sostenuto dall’antisemitismo di gran parte dell’opinione pubblica, lo condannò all’ergastolo e lo fece deportare all’isola del Diavolo.
Il dramma di un uomo divenne il dramma di una nazione. La destra utilizzò tutti i mezzi leciti e illeciti per sostenere la colpevolezza del capitano: furono orchestrate campagne di stampa contro «l’ebreo traditore», fabbricate ad arte prove inesistenti, falsificati documenti. Chiunque dubitasse dei metodi dell’accusa veniva immediatamente considerato un traditore al soldo del complotto ebraico. In difesa dell’ufficiale perseguitato si batterono, però, i migliori talenti democratici della Terza Repubblica: uomini di cultura, artisti, giornalisti, avvocati. Tra costoro, che proprio allora cominciarono a definirsi «intellettuali», il grande Emile Zola con il suo celebre «]’accuse» e il giovane giornalista viennese Theodor Herzl, che iniziò a predicare la necessità di uno stato per gli ebrei in Palestina. Lo scontro fra colpevolisti e innocentisti portò la Francia sull’orlo della guerra civile, ma le strutture repubblicane ressero all’urto e riuscirono a rinnovarsi nel segno della giustizia.
Fausto Coen racconta una vicenda che non ha mai smesso di appassionare e far discutere, una storia che assume di volta in volta l’aspetto di un dramma, di una commedia degli equivoci, di una spy-story, ma che ha anche un grande valore morale. Dreyfus è l’uomo che soffre a causa dell’ingiustizia, della calunnia, dell’arroganza del potere, e che viene salvato con i semplici mezzi dell’intelligenza, del coraggio e della verità.
Fausto Coen (Mantova 1914), giornalista e scrittore, vive e lavora a Roma. È stato direttore per molti anni di «Paese Sera». Oggi collabora attivamente al programma quindicinale di vita e cultura ebraica di Rai2, «Sorgente di vita». Tra i suoi libri: Israele: quarant’anni di storia (Marietti 1985), Italiani ed ebrei: come eravamo (Marietti 1988) sulle leggi razziali del fascismo, Quel che vide il Mat Cassi (Marietti 1992), 16 ottobre 1943. La grande razzia degli ebrei (Giuntina 1993; Premio Acqui Storia).
Argomenti: Libri vari,