Dizionario del Diavolo
Una revisione in chiave satirica, cinica, anarchica, «demoniaca» dei dizionari classici, luoghi deputati alla codificazione delle menzogne lessicali.
Autore/i: Bierce Ambrose
Editore: TEA – Tascabili degli Editori Associati
cura, scelta e introduzione di Guido Almansi, traduzione di Daniela Fink.
pp. 186, Milano
«”Io vendo insulti”, confessava Ambrose Bierce, questo novello Aretino, in uno dei momenti, non rari, in cui il suo furore cinico si rivolgeva contro se stesso. Grande mattatore della scena giornalistica americana dal periodo ancora oscuro dopo la guerra civile fino ai tempi gloriosi di William Randolph Hearst (di cui è stato uno dei polemisti di punta), Ambrose Bierce aveva una lingua velenosa che si manifestava nei suoi rapporti con gli uomini, con le istituzioni e con le parole. Gli uomini, beh, sono tutti lestofanti infidi che nascondono la loro meschina ossessione per i piccoli problemi del loro «io » dietro un ricco scenario di intenzioni virtuose o grandiose. Le istituzioni, ecco, sono strumenti di oppressione che si occultano dietro la maschera ipocrita del bene pubblico, dell’ordine sociale e della morale civile (al servizio dei furbi). Le parole, ah, quelle poi, arroccate nel vocabolario, fonte screditata di ogni nefandezza, le parole fingono di essere strumenti di comunicazione mentre sono in realtà organi di mistificazione. Ogni nuova voce che si insinua in un già corrotto dizionario per arricchirne la fraudolenza purulenta aggiunge nuove ipotesi di inganno, di gabbo, di imbroglio alla nostra lingua mendace. L’uomo non è un animale culturale: è un animale culturalmente perverso che non ha sempre bisogno di mentire perché la lingua che lui adopera ha già mentito per lui. La parte innocente dell’uomo, invece di inventare nuove menzogne, si accontenta di quelle già esistenti nel vocabolario. Quindi, o è la parola stessa che mente, o è l’uomo che adopera la parola in maniera menzognera.[…]»
Argomenti: Antropologia, Dizionari, Linguistica, Sociologia,