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Diario d’Antepace 1946-1949

Diario d’Antepace 1946-1949

Titolo originale: Tagebuch 1946-1949

Autore/i: Frisch Max

Editore: Giangiacomo Feltrinelli Editore

unica edizione, traduzione dal tedesco di Angelica Comello ed Eugenio Bernardi, in copertina: Max Frisch nel suo studio romano, fotografia di Paola Tornabuoni (1962).

pp. 412, Milano

Questo libro è più di ciò che una definizione qualsiasi potrebbe suggerire: più di un semplice diario nel senso in cui Frisch lo intende, cioè come lettura di se stessi, reperimento di una verità particolare e immediata, per quanto sia pieno di illuminazioni sul piano della persona, più di una serie di racconti, per quanto ricco di forza drammatica e di splendide divagazioni narrative, più di una “sentimental journey,” per quanto attraversato da non casuali itinerari, anche italiani, più che la testimonianza di una difficile presa di coscienza e della genesi di un’opera, per quanto contenga gli spunti, per esempio, di tutta la cospicua opera teatrale di Frisch, più di una meditazione politica, per quanto colmo di intuizioni, addirittura di anticipazioni in questo senso: – è tutte queste cose e ancora qualcosa in più, è il complesso percorso, rifatto in una prosa lucida, elegante, precisa, lungo il quale un’epoca “si scrive.”

La pubblicazione di questa opera intende contribuire alla conoscenza di Max Frisch in Italia. Di questo autore, il maggiore di lingua tedesca in questi anni, Feltrinelli ha già pubblicato il romanzo Homo Faber e un volume contenente l’essenziale del suo Teatro. Il Diario d’antepace risale agli anni tra il 1946 e il 1949, agli anni cioè dell’immediato dopoguerra.
Trovatosi a vivere durante il conflitto in un paese neutrale, la Svizzera, e d’altra parte in una città, Zurigo, in cui erano convenuti numerosissimi e famosi esponenti dell’emigrazione, Frisch aveva avuto modo di raccogliere un numero inconsueto di esperienze culturali, ideologiche, morali e di confrontarle con la realtà che gli stava intorno. Questo confronto continua negli anni successivi, disegnando una parabola estremamente sottile e complessa, attorno alla quale s’intrecciano spunti personali, meditazioni critiche, osservazioni politiche. Gli incontri con Brecht, le riflessioni sul teatro, la meditazione sulla situazione dell’intellettuale, la verificazione quotidiana del; l’etica e delle abitudini borghesi, l’esperienza amorosa vissuta anche al livello della sua significazione, il lavoro di tutti i giorni, in un ambito professionale estraneo alla letteratura, i numerosi viaggi attraverso l’Italia, la Germania distrutta, la Polonia, la Cecoslovacchia, la riflessione critica condotta nello stile di un sospetto nei confronti dell’ideologia ufficiale, le testimonianze sul riordinarsi, difficile e spesso periglioso, dell’Europa dopo la catastrofe: sono alcuni dei contenuti di questo classico diario, che Frisch voleva chiamare, forse per un gesto di amarezza, Diario in attesa della pace, e che poi, con un gesto per cui all’amarezza s’è aggiunta l’ironia, ha battezzato Diario d’antepace.

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