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Gli Ultimi Giorni di Immanuel Kant

Titolo originale: The Last Days of Immanuel Kant

di
Editore: Adelphi Edizioni
Informazioni: seconda edizione, a cura di Fleur Jaeggy, Piccola Biblioteca Adelphi 146. - pp. 120, Milano
Stampato: 1983-06-01
Codice: 500000006799

La vita di Immanuel Kant, scrive De Quincey, «fu notevole non tanto per i suoi avvenimenti quanto per la purezza e la dignità filosofica del suo tenore quotidiano». Era un ordine perfetto e infantile, dove ogni minuzia della giornata veniva osservata con lo stesso rigore, con lo stesso scrupolo di trasparenza che il grande filosofo dedicò ai problemi epistemologici. Nel corpo minuto di Kant, nelle sue maniere austere e amabili vivevano i Lumi, giunti al grado più nobile e penetrante del loro fulgore, come in un delicato involucro. E un giorno quel perfetto ordine avvertì i primi segni del declino. Da allora, ingaggiò una lunga, testarda lotta contro le forze della disgregazione. Thomas de Quincey, collazionando le varie testimonianze di amici sull’ultimo periodo della vita di Kant, e utilizzando soprattutto quella, insieme modesta e rapace, di Wasianski, ne ha tratto una narrazione che corrisponde agli antichi tratti del «sublime». Dinanzi al progressivo decadere di quella vita mirabilmente costruita, dinanzi alla raccapricciante comicità di certe scene e allo strazio immedicabile di altre, viene naturale dire di questo testo, in cui convivono, come rare volte accade, la più acuminata modernità e un purissimo pathos: chi ha lagrime per piangere pianga.
The Last Days of Immanuel Kant, qui tradotto per la prima volta in italiano, apparve su una rivista, il «Blackwood’s Magazine» del febbraio 1827.

Poligrafo, erudito, grecista, Thomas de Quincey nacque vicino a Manchester nel 1785 e morì nel 1859 a Edimburgo. Dopo un’adolescenza travagliata, studiò a Oxford e in seguito, per mantenere la famiglia numerosa, intraprese la carriera giornalistica prima a Edimburgo e poi a Londra, dove divenne collaboratore del «London Magazine». Dalla sua lunga esperienza di consumatore d’oppio, De Quincey trasse ispirazione per la sua opera più famosa, le Confessioni di un mangiatore d’oppio (1822). Fra i suoi libri si ricordano La rivolta dei tartari (1837), Le avventure di una monaca vestita da uomo (1847) e Il postale inglese (1849).

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