Le Forche Caudine
di Tortora Enzo
Editore: Casa Editrice Bietti
Prezzo: € 25,00
Informazioni: prima edizione. - pp. 212, Milano
Stampato: 1967-01-01
Codice: 500000004996
«Una volta andai a Benevento. Tito Livio è vago, oltre che rispettoso della romanità. Dice e non dice. Appena l'Urbe non ci fa poi quella gran figura, e i consoli calano le brache, e quei legionari così impettiti nella loro minigonna le beccano di santa ragione, fa come le seppie: una bella nuvola nera di gerundi, di ablativi, una consecutio polivalente, e chi s'è visto s'è vista.
A Benevento cercavo le gole dell'antica «Gaudium», dove le legioni spaccatutto, dove l'Inter di Romolo e Remo fu obbligata a piegare la schiena, inchinandosi come i ragazzini degli ascensori davanti a un Commendatore sannita che non ha tempo da perdere. Non lo trovai, il posto delle «forche». C'erano anche degli archeologi, in giro, col centimetro, il dizionario, dei badili.
Allo stato attuale delle ricerche, insomma, le «forche caudine» sono come il nido dell'araba fenice. Avevo con me un diario, una specie di brogliaccio, un disordinato quaderno dove annotavo quello che, nelle pagine che seguono, leggerete. Non è obbligatorio, naturalmente. Ma il titolo, nacque così. L'ho borseggiato in campagna, dalle parti di Benevento. E l'ho scelto perchè ha il sapore di una Waterloo che non si trova. Di una sconfitta mascherata da belle parole, con tanti «orum» che fanno sempre fine. D'altronde, è giusto. Anche l'Urbe «tiene famiglia».
Questo per il titolo. Per il resto, per questo zibaldone che non è un romanzo, ma una pinacoteca che potrete visitare entrando da qualunque sala, volevo assomigliasse a una frase di Stendhal. E ne «Il Rosso e il nero» (un romanzo che purtroppo non presentava Corrado), e dice pressappoco, a proposito di Julien che inizia il suo freddo tirocinio fra le tonache: «In seminario, c'è un modo di mangiare un uovo alla coque che fa presagire i progressi che si compiranno nella vita devota». La trovo splendida.
Molte carriere folgoranti iniziano proprio dal modo assorto, ascetica e distinto con cui si batte sul guscio con il cucchiaino.
Io ho sempre fatto delle frittate. Ho sempre rotto le uova nel paniere. Ho sempre combinato dei disastri.
Il mondo è di chi mangia bene l'uovo alla coque. Per me è tardi. Ma la ricetta, volevo offrirla. I giovani che s'affacciano alla ribalta del mondo, non commettano l'imprudenza di mangiare con le mani.
A me piace, guardarmi intorno. Tra un po', del resto, non mi rimarrà che guardare. Perdo persino i capelli, non ballo il surf. Che campo a fare? E dunque bo radunato questi fogli, per scarico di coscienza, come si dice con bella immagine, a metà spirito, a metà piccola palude. Avanti, auguri. C'è un po' di tutto, le legioni qui marciano all'indietro, è una storia vista alla moviola, ci sono ritratti, bisbigli, confidenze strozzate sul nascere, con provvida eutanasia.
Se ne ricava, malgrado tutto, mi assicura un congiunto che non ha letto il manoscritto, l'idea di un certo tempo, il sapore del nostro calendario. Forse di una certa Italia. Sale per lei, qui dentro, il suo più autentico tricolore.
Bianco, rosso, e verme.» (Enzo Tortora)
Libro usato disponibile in copia unica
Argomenti: Letteratura, Romanzo, Storia, Arte della Guerra e Strategia,
Segnaposto: guerre-sannitiche, romanzi-storici, romanzo-storico, letteratura, Tortora-Enzo,