Confucio

«Nel secolo degli illuministi, allorché Confucio, o almeno quanto di lui propinava la Compagnia di Gesù, forniva materia di discussione, buona o cattiva, ai metafisici, ai politici e agli economisti «positivisti», il pensiero taoista, allora sospetto ai gesuiti, era ritenuto dai filosofi loro tributari l’aberrazione di una setta di fanatici e di stregoni corrotti. Il secolo XX, ostile a Confucio, abbonda di traduzioni (quasi tutte detestabili) del famoso Tao Te King e di glosse su Tzuang Tse. Se uno scienziato quale Giuseppe Tucci apprezza il taoismo da competente e ne scrive una convincente apologia; se un filosofo come Jean Grenier ci offre un eccellente Esprit du Tao; se uno scrittore come Cyril Connolly, in The unquiet grave, parla serenamente di questa religione «senza Salvatore, senza dottrina, senza Dio né vita futura», la maggior parte di coloro che oggi si richiamano al taoismo utilizza il pensiero di Lao Tse e di Tzuang Tse, tanto come una premonizione della dialettica marxista, quanto come una pre-forma[...]»