Da un’Isola all’Altra – Il pensiero Utopico nella Narrativa Inglese da Thomas More ad Aldous Huxley
Autore/i: Corrado Adriana
Editore: Edizioni Scientifiche Italiane
unica edizione, premessa dell’autrice.
pp. 192, Napoli
Se è vero che le utopie sono sostanzialmente le uniche risposte possibili, in ambito strettamente terreno, alla inesauribile speranza dell’uomo di superare i propri angusti e troppo imperfetti limiti storici, e tendere alla perfezione, non si può non sottolineare quanto provvisori, limitati, persino opprimenti e statici, e quindi di per sè contrari alla legge del divenire, siano i paradisi terrestri, i giardini dell’Eden, le utopie proposte al lettore dagli scrittori utopisti nel corso dei secoli. Nonostante l’insistenza su alcuni principi fondamentali che tutti i modelli utopici hanno in comune, come la necessità di abolire la proprietà privata ed il riconoscimento dell’uguaglianza degli uomini e dei cittadini, si possono individuare due distinti filoni nelle utopie narrative inglesi. L’un filone, quello iniziato da More, vuole dare al cittadino uguaglianza di beni materiali ma garantiti dalla presenza di uno stato forte e, mentre mostra fiducia nel progresso scientifico, si chiude di fatto al nuovo, in difesa della stabilità interna. Il secondo filone va connotandosi, invece, verso la fine del Settecento e chiarendosi nell’Ottocento quando, mentre si insiste da parte di tutti sulla fondamentale esigenza di uguaglianza tra cittadini, d’altra parte solo in pochi si fa chiara l’idea che eguaglianza non deve voler dire appiattimento, livellamento tra esseri umani ed anzi si accentua la necessità di non mortificare ogni forma di individualismo e difendere l’identità personale. Le utopie appartenenti a questo secondo filone hanno riscosso poco successo, ed avuto scarso seguito, proprio perchè non forniscono modelli definiti, codificati e sottolineano, invece, costantemente l’aspirazione alla libertà e la necessità di lasciare vivere e potenziare l’arte ed il bello, altrettanto vitali per l’esistenza umana quanto i beni materiali. William Godwin è il vero padre di questo secondo filone con il suo modello anarchico di convivenza civile, che resta ancora oggi la sola utopia proponibile, con la duplice valenza di nowhere perfetto ma irrealizzabile. E proprio perchè irrealizzabile ancor più valido come modello.
Adriana Corrado è docente di Lingua e Letteratura Inglese alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’istituto Universitario Orientale di Napoli. E autrice di numerosi saggi sulla cultura inglese del Settecento, su autori come Burke, Addison, Godwin, scrittori di opere utopiche, oltre a lavori critici di più ampio respiro, quali i Precursori di Robtnson Crusoe e Lemuel Gulliver (1976), Il femminismo nelle prime commedie di George Bernard Shaw (1978), A proposito del romanzo gotico (1979) e William Godwin illuminista romantico (1984).
Premessa
- I. Il problema di definire
a) – Origini del pensiero utopico
b) – Cosa è un’utopia
c) – Limiti dell’utopia
d) – Quali utopie e perché - II. La stasi come utopia:
La Repubblica di Platone - III. La stabilità sociale come utopia:
Utopia di Thomas More - IV. – La scienza come utopia:
New Atlantis di Francis Bacon - V. – L’armonia sociale come utopia:
Le Memoirs di Simon Berington - VI. – L’anarchia come utopia:
Imogen: A Posterai Romance di William Godwin - VII. – La bellezza come utopia:
News from Nowhere di William Morris - VIII. – La distopia come utopia:
Nineteen Eigbty-Four di George Orwell - IX. Il misticimo come utopia:
Island di Aldous Huxley
Conclusione
Bibliografia
Indice dei nomi
Argomenti: Saggi,