Costume e Società nei Giochi a Stampa di Giuseppe Maria Militelli
Foligno, Palazzo Alleori Ubaldi, 10 settembre – 9 ottobre 1988
Autore/i: Autori vari
Editore: Electa
introduzione di Carlo Ceccarelli, in sovraccoperta: Giuseppe Maria Mitelli, Zugh d’tutt i zugh, 1702.
pp. 160, interamente e riccamente illustrato a colori e b/n, Perugia
Il gioco è circondato dal discredito.
Gli studi sulla storia e sulla tecnica dei giochi sono circondati dal discredito. Michael Dummett tiene a Oxford la Cattedra che fu di Alfred Julius Ayer, e ha scritto vertiginosi libri di filosofia, per esempio su Gottlob Frege, ma ha scritto anche due trattati sul gioco dei tarocchi. “The Times Literary Supplement” lo ha rimproverato per due volte: a chi può interessare una esposizione minuziosa dei vari modi di giocare ai tarocchi? si chiedeva il recensore. Il professor Dummett, diceva il recensore, invece di perder tempo in argomenti meritevoli di tanto discredito avrebbe fatto meglio a occuparsi d’altro, per esempio dell’iconologia delle tradizioni esoteriche: “Professor Dummett would better have devote his time to investigating… ” A un ben più modesto studioso nostrano, che ha scelto di occuparsi di letteratura italiana e di Storia e tecnica dei giochi, il “Corriere della sera ” ha rimproverato questa seconda attività come “badalucco o trastullo”, segno di “un atteggiamento di scontroso orgoglio di scetticismo inciprignito” (Franco Fortini).
Ma i toni minacciosi del “Times Literary Supplement” e del “Corriere della Sera” sono solo manifestazioni pittoresche di un atteggiamento più radicato. Quanto sia nullo in certi ambienti l’interesse per la storia e la tecnica dei giochi vedremo più avanti, quando mi toccherà di accennare alla zara di Dante Alighieri e al tric-trac di Giuseppe Parini.
Direte che i dantisti e i parinisti fanno bene a non perder tempo con la zara e col tric-trac, perché in Dante Alighieri e in Giuseppe “Parini maiora premunt. Ma se autori minori come Cesare Beccaria e Giammaria Ortes si occupano del faraone, ancora“ una volta i loro specialisti non se ne vogliono occupare o tendono a dire che Cesare Beccaria e Giammaria Ortes non si sono occupati del faraone.
Non mi nascondo infine che il mio discorso avrà un interesse ancor più limitato, in quanto nella storia e tecnica dei giochi i trentatré del Mitelli costituiscono un capitolo chiuso: si tratta di giochi estinti o in via di estinzione.
Ho sottolineato all’inizio del presente paragrafo che i trentatré giochi del Mitelli servivano anche per giocare. Sottolineo ora che i trentatré giochi del Mitelli servivano anche per giocare. (Giampaolo Dossena)
Giuseppe Maria Mitelli nacque a Bologna nel 1634, secondo figlio di Agostino Stamani detto Metelli o Mitelli, celebre frescante del tempo, e a Bologna morì nel 1718. Avviato dal padre all’arte pittorica, fu allievo “di maestri quali l’Albani, il Guercino, Simone Cantarini, Flaminio Torri. Direttore dell’Accademia Clementina ebbe come discepolo prediletto il Francia.
Nonostante la sua dichiarata ambizione ad essere considerato essenzialmente pittore, il suo nome resta legato alla produzione incisoria – di cui ci restano circa seicento esemplari – nella quale riflette il gusto tipico del suo – tempo in, raffigurazioni di scene popolaresche, interpretate in chi a ve moraleggiante. Ciò si evidenzia nelle tavole dei Giochi la cui grande diffusione, – non scissa da un» evidente interesse economico, rappresenta un ampio riscontro didattico della volontà controriformistica di Cui il Mirelli si fa efficace interprete.
Argomenti: Giochi, Storia, Storia dei Costumi,