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Canto del Popolo Yiddish Messo a Morte

Canto del Popolo Yiddish Messo a Morte

Autore/i: Katzenelson Itzak

Editore: Arnoldo Mondadori Editore

traduzione e cura di Erri De Luca.

pp. 126, Milano

Traduco il Canto di Katzenelson perché è il canto dei canti, il vertice in poesia dell’esperienza della distruzione. Shoà, parola presa dall’ebraico antico, è diventata formula ufficiale dello sterminio degli ebrei d’Europa. È termine ignoto alla maggioranza dei distrutti. Così come era loro ignoto il nome Auschwitz, casomai conosciuto come Oshventshim.
Noi venuti dopo ci siamo chinati sulle ceneri con parole nostre, successive.
Nel Canto di Katzenelson c’è la vita feroce che vuole resistere con parole proprie e sceglie per resistenza la poesia. È lo yiddish, lingua veloce, franca, che scorreva dal Baltico al Mar Nero, dal Danubio agli Urali.
Katzenelson scrive il Canto nel campo di concentramento di Vittel, luogo rinomato per le sue acque. Proviene dal ghetto di Varsavia, da dove i partigiani lo hanno fatto evadere in tempo, prima dell’annientamento. Seppellivano documenti e mettevano in salvo poeti, micce per l’innesco della memoria futura.
È acciuffato in Francia con un improbabile visto per l’Honduras e messo nel filo spinato e nell’attesa. Non subito gli si rivela il compito. Di fronte allo smarrimento ignaro dei suoi compagni di prigionia, lui che ha saputo e visto si procura la materia prima per trasformare l’esperienza in Canto. Macché profeti, quelli non sapevano niente comparati a lui, tizzone preso dall’incendio, tenuto in disparte a scrivere a carbone contro il cielo lo yiddish dei distrutti.
Dall’autunno del ’43 fino al gennaio seguente scrive il Canto e poi lo seppellisce dentro tre bottiglie tra le radici di una quercia, dietro il filo spinato di Vittel. In primavera sarà spedito a Est, nel treno sigillato che lo scaricherà sopra il binario morto di Birkenau/Brzezinska.
Ho imparato lo yiddish per arrivare al Canto.

Itzak Katzenelson nacque nel 1886 in Bielorussia ma trascorse la maggior parte della sua vita a Lodz, in Polonia. Per anni fu insegnante in un ginnasio. Scrisse, in ebraico e in yiddish, drammi, poemi, liriche. Il manoscritto del testo noto sinora in Italia come Il canto del popolo ebraico massacrato, sotterrato nel campo francese di Vittel e ritrovato nel 1945 grazie alle indicazioni della sopravvissuta Miriam Novitch, fu pubblicato per la prima volta a Parigi nello stesso anno.

 

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