Bushidō
L’anima del Giappone
Autore/i: Nitobe Inazo
Editore: Luni Editrice
traduzione di Monica Amarillis Rossi.
pp. 128, Milano
Apparso per la prima volta nel 1899 in lingua inglese, Bushidō, l’anima del Giappone divenne immediatamente un classico, avendo un tale successo da conoscere dieci edizioni nel giro di pochi anni, un’edizione ampliata nel 1905 e traduzioni in quasi tutte le lingue occidentali.
Il libro prende spunto dal tentativo di rispondere alla domanda di un amico occidentale che coglieva involontariamente il punto nodale della differenza culturale tra Giappone e Occidente, differenza che lo stesso Nitobe fino a quel momento non aveva percepito con tale nettezza.
L’amico, un eminente giurista belga, gli aveva chiesto come fosse possibile un’educazione morale dei giapponesi, dal momento che non veniva impartita istruzione nelle loro scuole.
Dice Nitobe: «La domanda mi stordì… Non potevo dare una risposta pronta, perché i precetti morali che avevo appreso durante la mia infanzia non venivano impartiti nelle scuole; e fu solo quando iniziai ad analizzare i differenti elementi che formavano le mie nozioni morali, che scoprii di averle assorbite come l’aria che respiravo grazie al Bushidō» (Letteralmente Via del Guerriero).
Tanto più notevole, questa affermazione, in quanto scritta da un autore che si era impregnato di cultura occidentale studiando nelle università di molti Paesi e convertendosi al Cristianesimo, essa ci mette in grado di capire qual è la posta in gioco dell’opera:, non solo come una lettura superficiale può cogliere, la confutazione dell’idea occidentale del Giappone come un Paese primitivo, barbaro e incolto, che pure Nitobe effettua anche troppo, con continui paragoni con pensatori occidentali, in voga all’epoca, ma di ’ cui oggi si è persa la memoria, ma soprattutto la descrizione magistrale della differentia specifica dell’«anima» giapponese, di quella strana cosa, quell’inedito collante morale, intellettuale, politico e sociale che la tiene insieme ma che non ha i caratteri – ovvî per noi Occidentali – della «religione» e che si chiama «Bushidō», il codice cavalleresco «non scritto» dei samurai.
«…Senza una comprensione del Feudalesimo e del Bashidò le idee morali dell’attuale Giappone restano un libro sigillato», dice Nitobe, e questo era vero tanto ai tempi suoi quanto rispetto agli enigmi e alle contraddizioni del Giappone di oggi, divenuto una potenza economica mondiale, ma è ancora più vero per ogni sincero praticante di arti marziali che voglia capire a fondo l’«anima» della disciplina a cui ha consacrato una parte importante della propria vita.
Inazo Nitobe (1862-1933) educatore, interprete culturale e diplomatico, studiò economia agricola a Sapporo. Convertitosi al Cristianesimo, nel 1883 riprese gli studi di letteratura inglese ed economia presso l’Università di Tokyo, poi si recò negli Stati Uniti dove studiò per tre anni; altri tre anni li trascorse in Germania. Nel 1897 si trasferì negli Stati Uniti con la moglie americana, dove scrisse la sua opera più famosa, Bushidō, l’anima del Giappone. Nel 1918 partecipò alla Conferenza di Pace di Versailles e rimase a Ginevra come sottosegretario generale della Lega della Nazioni. Tornato in Giappone nel 1926, divenne direttore dell’Istituto delle Relazioni Pacifiche.
Argomenti: Arti Marziali, Discipline Corporee, Giappone, Orientalistica, Oriente, Ricerche Storico-Archeologiche,