Atlantide
Leggende e Testimonianze
Autore/i: Perrone Giacinto
Editore: Edizioni Tilopa
prefazione dell’autore.
pp. 228, nn. ill. b/n, Terano
«Durante molte generazioni, finché parteciparono della natura divina, quegli uomini [di Atlantide] furono obbedienti alle leggi e animati amichevolmente verso il nume della loro schiatta. Poiché nutrivano sentimenti sinceri e magnanimi usavano moderazione e saggezza in tutte le necessità e nei loro rapporti… E non si lasciavano inebriare dal lusso, né andavano in rovina perdendo il dominio di sé per la ricchezza, ma nella loro saggezza osservavano acutamente che tutte queste cose s’accrescono per l’amicizia comune con la virtù, mentre, se ricercate con troppo zelo e brama, deperiscono e con esse anche la virtù. Finché dunque ragionarono così e conservarono la natura divina, s’accrebbe per essi tutto quello che abbiamo già detto. Ma quando l’essenza divina, mescolatasi troppo con la natura mortale, in essi fu estinta, e prevalse la natura mortale, allora, non potendo sopportare la prosperità presente, degenerarono, e a quelli che sapevano vedere apparvero turpi per aver perduto le più belle delle cose più preziose; ma quelli, che non sapevano vedere la vera vita rispetto alla felicità, allora specialmente li giudicarono bellissimi e beati, mentre erano pieni di ingiusta albagia e prepotenza. Ma Giove, il dio degli dèi, che governa secondo le leggi, avendo compreso, come colui che sa vedere queste cose, la degenerazione di una stirpe una volta buona, pensò di punirli, affinché castigati divenissero migliori…». (Platone, Crizia, XII-121)