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Atlante delle Architetture Fantastiche – Utopie Urbanistiche, Edifici Leggendari e Città Ideali: cosa Sognavano di Costruire i Massimi Architetti del Mondo

Atlante delle Architetture Fantastiche – Utopie Urbanistiche, Edifici Leggendari e Città Ideali: cosa Sognavano di Costruire i Massimi Architetti del Mondo

Titolo originale: Phantom Architecture

Autore/i: Wilkinson Philip

Editore: Rizzoli

prima edizione, traduzione Daniela Gallotti, collana: Libri Illustrati Rizzoli.

pp. 258, nn. ill. a colori e in b/n n.t., Milano

Ricordate la cupola geodetica di Richard Buckminster Fuller per Manhattan? 3,2 chilometri di diametro per coprire un’area compresa tra l’East River e l’Hudson, la 21esima e la 64esima strada e raccogliere tutto il calore perso dagli edifici, garantendo in questo modo il risparmio di energia e un clima piacevole tutto l’anno.
È la città robotica Walking City di Ron Herron? L’aveva chiamata Walking City ed era formata da edifici con le gambe, che potevano spostarsi da un luogo all’altro seguendo le necessità.
Entrambi progettati negli anni ’60, non vedranno mai la luce, così come tantissimi altri progetti immaginati da che esiste l’architettura, tutti raccolti da Philip Wilkinson nel libro illustrato Atlante delle Architetture Fantastiche, edito da Rizzoli. Progetti che in senso stretto rappresentano un fallimento, perché non furono mai realizzati, fermandosi allo stadio di progetto, di disegno o di plastico: se alcuni nacquero con l’intento di rimanere su carta, altri furono fermati “dalla politica, dalla mancanza di fondi oppure da committenti troppo prudenti, che hanno preferito realizzare progetti tradizionali che quelle visioni ardite” cita il risvolto di copertina.
Il primo dei progetti utopici raccolti nell’Atlante delle Architetture Fantastiche è dell’820, un monastero ideale conosciuto come la Pianta di San Gallo, dal nome dell’abbazia svizzera che lo custodisce, che traduce in architettura uno stile di vita disciplinato in ogni suo aspetto, trasfigurazione degli ideali di povertà, castità e obbedienza che regolavano la vita dei monaci di mille anni fa. Da qui Philip Wilkinson, saggista e critico, parte per un lungo viaggio in 50 progetti di “Utopie urbanistiche, edifici leggendari e città ideali” in cui “gli architetti hanno spinto l’uso degli ideali fino al limite, hanno esplorato idee nuove ed ambiziose, hanno sfidato le convenzioni, si sono concessi libertà creative o hanno aperto la strada verso il futuro”.
Un Atlante delle Architetture Fantastiche raccontate con testi e tante immagini: La città ideale di Francesco di Giorgio Martini, Il cenotafio di Newton di Étienne-Louis Boulée, La Città Nuova di Antonio Sant’Elia, i grattacieli orizzontali di El Lissitzky, La Ville Radieuse di Le Corbusier, la Torre senza fine di Jean Nouvel, l’Hyperbuilding di Bangkok di Rem Koolhaas per finire con le Asian Cairns di Vincent Callebaut.
Perché ricordarli? Perché immaginano il futuro, perché ciascuna di queste architetture utopiche rappresenta un “sogno”, perché molti di loro hanno fatto la storia dell’architettura pur rimanendo sulla carta, perché mettono in discussione il modo comune di pensare, perché propongono ideali e perché sono espressione della convinzione che l’architettura può contribuire in modo determinante al benessere degli uomini, nel Medioevo così come nel 2030.

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