Architettura e Socialismo
Sette saggi
Autore/i: Morris William
Editore: Editori Laterza
unica edizione, introduzione e cura di Mario Manieri-Elia.
pp. LV-192, nn. tavole b/n f.t., Bari
«La principale passione della mia vita era ed è tuttora l’odio per la civiltà moderna». Questo ha scritto Morris (qui ritratto in una caricatura insieme al suo grande amico e fedele collaboratore Burne Jones), perché il suo socialismo nasce dalla convinzione che «all’arte compete di stabilire il vero ideale per una vita piena e ragionevole, nella quale la percezione e la creazione della bellezza vengano considerate necessarie per l’uomo come il suo pane quotidiano.»
Grande è stata l’importanza di William Morris nella cultura europea, eppure il pensiero di questo geniale artista è assai poco conosciuto in Italia, ed è evidentemente una grande lacuna. Rispetto a Ruskin e agli altri «utopisti», Morris compì un decisivo passo avanti rendendosi conto delle connessioni necessarie tra l’impegno sociale legato al rinnovamento dell’arte, ed un atteggiamento politico altrettanto aperto e intransigente. Egli concepì l’architettura come «l’insieme delle modifiche e delle trasformazioni operate sulla superficie terrestre in vista delle necessità umane».
Morris parte dai fatti, dalla decadenza del gusto in piena epoca vittoriana, dalla congestione delle città strozzate dalla speculazione, dalla rovina del paesaggio, dall’avvilimento delle condizioni di vita degli uomini, per giungere al suo «socialismo» e al nuovo concetto di architettura.
Nonostante accolga alcune delle contraddizioni della cultura del suo tempo, Morris rientra di diritto nella linea ideologica del Movimento Moderno. I suoi continuatori non avranno difficoltà a superare il suo equivoco anti-industriale e a tradurre il suo ammonimento morale e metodologico in una linea di concreto rinnovamento.
William Morris nasce il 24 marzo del 1834 presso Londra, a Walthamstow, contea dell’Essex; è il primogenito di un’agiata famiglia della media borghesia priva di particolari interessi culturali e, a quanto risulta, di antenati illustri; e una certa agiatezza, nonostante le difficoltà finanziarie incontrate nella sua attività pratica, non lo abbandonerà mai nella vita. Avviato alla carriera ecclesiastica, studia a Oxford, dove è al centro di un gruppo di giovani, tra i quali Burne Jones, che leggono Ruskin, e discutono di arte e architettura più che di problemi teologici. Morris rinuncia presto ai progetti iniziali e decide di rivolgersi all’architettura. «Operaio d’arte in pittura, scultura, arredamento e vetrate» si dedica per anni, insieme a Jones e Rossetti alla «decorazione della casa». Il suo atélier segna un’epoca, ma il suo versatile ingegno lo porta ad occuparsi di cento altre cose : scrive poesie, produce vetrate di chiese gotiche e infine si dedica al campo in cui, in piena età vittoriana, realizza i suoi maggiori exploits: le carte da parati. Disegna chintzes, inventa nuovi sistemi per lo stampaggio, teorizza sui rapporti fra le figure, i segni, i motivi delle sue realizzazioni. Nel 1890 Morris è una celebrità, anche per le innovazioni da lui introdotte nell’arte grafica e tipografica.
Muore nel 1896.
Argomenti: Architettura, Arte, Arte Contemporanea, Etica, Morale, Politica, Storia del Pensiero,