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Antonio da Padova

Antonio da Padova

Autore/i: Scandaletti Paolo

Editore: Rusconi

prima edizione.

pp. 218, nn. tavv. a colori f.t., Milano

È abbastanza sorprendente che alla diffusa popolarità di sant’Antonio da Padova (1195-1231) si contrapponga generalmente una scarsa conoscenza del personaggio storico. Che tipo era Antonio? Quali pensieri e interessi lo muovevano e quali scelte determinanti ha effettuato, quali le vittorie e le sconfitte da mettere nel conto? La sua figura assume rilievo nella suggestiva cornice medioevale europea così ricca di eventi e di fermenti; in essa spiccano personaggi di grande rilievo come Federico II di Svevia e papa Gregorio IX, accanto ai quali la figura di Antonio sembra distinguersi per la singolare ed appassionante vicenda umana.
Di origine nobile e di formazione agostiniana, egli si fa frate minore e, in contrasto con Francesco, apre all’ordine la via della cultura e degli studi teologici, combatte a modo suo l’eresia e l’usura, scrive due libri che Dante legge e tiene in gran conto, sviluppa un intenso rapporto con le università di Bologna, Tolosa, Montpellier, Padova, collabora coi benedettini e i domenicani, attacca i vescovi e i preti che danno scandalo, è ritroso a frequentare la curia romana. Muore a 36 anni, suscitando una lotta armata per il possesso della sua salma. Dalla ricomposizione dell’Antonio storico dell’intellettuale curioso e aggiornato, del docente e dello scrittore ricercato dai dotti, del predicatore che infiamma la folla, e quindi dalla rivisitazione critica dell’uomo e dello studioso, emerge sorprendentemente un personaggio ignorato o per lo meno pregiudizievolmente trascurato nelle sue caratteristiche. Questa nuova biografia, rigorosa e di accattivante lettura, senza nulla togliere all’immagine tradizionale che di Antonio mantengono i devoti, offre un ritratto a tutto tondo rivelatore di aspetti inediti e originali della sua personalità.
Paolo Scandaletti ha inserito attentamente questa “storia” nello spaccato suggestivo dell’epoca medioevale cercando anche di spiegare come e perché questo frate lusitano abbia scelto Padova come città del cuore e quale recondito rapporto si sia instaurato con essa. Egli ha indagato con fervido impegno sul fenomeno antoniano e sui suoi sorprendenti sviluppi, sulle testimonianze di altri santi, di papi e di grandi artisti (come Donatello e Tiziano) e ha allargato l’indagine agli aspetti che in qualche modo sono stati influenzati dalla grande personalità del santo. Ne risulta una lettura avvincente, un”contributo nuovo e originale agli studi su sant’Antonio da Padova.

Antonio non faceva politica; ma la sua lotta alle sopraffazioni e alle ingiustizie, mossa da intenti religiosi, serviva anche a ricomporre il tessuto sociale, frantumato dal mito del far denaro: un’”arte” che presto aveva sbarazzato il vivere civile da regole e scrupoli e riservato la maggiore considerazione ai più abili e spregiudicati. Per molti, quella di Antonio è stata una testimonianza scomoda, un termine di paragone piuttosto imbarazzante. In lui parole e vita scorrevano con naturalezza sul medesimo binario, prediche e scelte formavano un tutt’uno compatto e coerente. Così, proiettato nella storia per mano di Dio, vi portò un certo scompiglio, ma riuscì come pochi a sprigionare negli uomini anche la fede e l’amore, portando molti dalla sua parte, quella del messaggio evangelico. Dalle bolle pontificie del 1231 e del 1232, emanate per esaltarne la santità e proporne il culto, tutto ciò appare già decisamente nitido e spiega i motivi per i quali, oltre ogni consuetudine e dandone garanzia personale ai cardinali titubanti, Gregorio IX lo pose sugli altari in soli undici mesi. E quanto il papa avesse ragione è provato dal “fenomeno antoniano”, innescatosi subito dopo la morte e cresciuto per sette Secoli e mezzo, sino a fare oggi di Antonio il santo più venerato del mondo.

Paolo Scandaletti, padovano di nascita e romano d’adozione, è giornalista di mestiere e scrittore per passione. Ha iniziato la professione per la via maestra della cronaca a «L’Avvenire d’Italia», è passato poi a «Il Gazzettino» per il quale ha viaggiato in Italia e in vari paesi del mondo. Ha realizzato inchieste sui partiti e le forze sociali, specializzandosi infine nel commento politico.
Ha pubblicato: Veneto ottanta (1972), Le tentazioni del compromesso (1976) col quale è stato finalista al Premio Estense, La fine del compromesso (1979) e Un papa dalla Polonia con Bogumil Lewandowsky e Blazej Kruszylowicz (1979).

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