Acque d’Autunno
Autore/i: Chuang Tzu
Editore: Editori Laterza
quarta edizione accresciuta e corretta, con introduzione a cura di Mario Novaro.
pp. 200, Bari
Acque d’autunno è il titolo del XVII capitolo dell’opera taoista che prende nome dall’omonimo pensatore Chuang-tzu (o, in altra trascrizione, Ciuangzè). È il capitolo in cui è riportato il celebre brano dell’invito fatto da un principe a Chuang-tzu ad assumere una carica, con il conseguente rifiuto del Maestro che dichiara preferire trascinare la propria coda nel fango come una tartaruga piuttosto che essere onorato a corte. Era questa la filosofia politica taoista, l’esemplificazione del wu-wei (o non agire), non partecipare ad alcuna attività sociale. Occorreva separarsi dal mondo contingente, dubitare financo della realtà dell’esistenza, comprendere che non c’è vera differenza fra morte e vita.
Solo così si poteva raggiungere l’immortalità, massima aspirazione dei taoisti.
Nell’opera di Chuang-tzu si fa, per la prima volta, cenno sommario ad alcune tecniche per il raggiungimento dell’immortalità, che saranno più ampiamente sviluppate dal posteriore Taoismo religioso, popolare; tecniche dietetiche come l’astensione dal nutrirsi di cereali, carne e.
bevande alcoliche; tecniche respiratorie che presentano analogie con quelle dello yoga indiano; accenni a stati estatici. Il Taoismo tardo aggiunse particolari tecniche di igiene sessuale e pratiche alchemiche per la fabbricazione del cinabro.
L’opera di Chuang-tzu è, probabilmente, anteriore allo stesso Tao-te-ching (Il Libro della Via e della Virtù) attribuito al mitico Lao-tzu; scritta nel IV secolo avanti l’era volgare, è una delle opere più compiute di tutta la letteratura cinese classica; ad una ricchezza lessicale, sconosciuta ad altri autori, unisce una profondità di pensiero, mai più raggiunta dalla filosofia cinese. Paradossalmente uno dei più bei libri della Cina antica nasce da una dottrina, come il Taoismo, che si definiva antiintellettualista e considerava i libri come la “feccia degli antichi”; ma la condanna della letteratura da parte taoista andava intesa come rifiuto della sterile erudizione. Il Tao, il primo principio, che non può essere definito, in quanto la sua dottrina va insegnata senza parole, non si raggiunge attraverso lo studio, né con il ragionamento, né si attua mediante un’attività sociale. Il Tao va intuito secondo una logica di tipo mistico, con il distacco assoluto dal mondo fenomenico. Il Taoismo fu la risposta a ciò che altre scuole, come il Confucianesimo, avevano ignorato.
Contribuì a dare libertà all’individuo anche in campo artistico e letterario.
Nelle pagine di Chuang-tzu, agli aneddoti piani si alternano concetti filosofici che ci inducono a riflessioni profonde, ad una meditazione che è al di là di ogni tempo. (Lionello Lanciotti)
Argomenti: Filosofia Orientale, Taoismo,